Ottobre 2013 – Microscopio composto


Microscopio composto

firmato “Eustachio Divini in Roma 1672”

pergamena, cartone, legno, ottone; diametro 12 cm, altezza 60 cm

N° inv. 61

 

 

 

L’invenzione del microscopio viene attribuita a Galileo, il quale ne rende note le potenzialità nell’ambito della comunità scientifica fin dai primi anni del Seicento:

“Invio a V.E. un occhialino per veder da vicino le cose minime, del quale spero che ella sia per prendersi gusto e trattenimento non piccolo, ché così accade a me. Ho tardato a mandarlo, perché non l’ho prima ridotto a perfezzione, havendo hauto difficoltà in trovare il modo di lavorare i cristalli perfettamente [...] . Io ho contemplato moltissimi animalucci con infinita ammirazione: tra i quali la pulce è orribilissima, la zanzare e la tignuola son bellissimi; e con gran contento ho veduto come faccino le mosche et altri animalucci a camminare attaccati a’ specchi et anco di sotto in su”. (Galileo, Lettera a Federico Cesi, 24 settembre 1624).

 

Nel giro di pochissimo tempo, questo strumento rivoluziona non solo il mondo della fisica, ma tutte le ricerche in campo naturalistico, dalla botanica alla medicina. Come i cannocchiali, i primi microscopi erano composti di due o più lenti ma, a causa dei problemi delle lenti stesse, il microscopio semplice, costituito da un’unica lente, forniva migliori prestazioni e s’impose a partire dalla seconda parte del XVII secolo.

 

Il microscopio conservato nel Museo di Storia della Fisica è un microscopio a tubi scorrevoli acquistato da Giovanni Poleni nel 1745 per il Teatro di Filosofia Sperimentale. Si tratta di un modello rarissimo per costruzione e dimensioni e, a quanto sembra, l’unico esemplare sopravvissuto di microscopio firmato da Eustachio Divini.

Il corpo del microscopio è composto dalla combinazione di quattro tubi di cartone ricoperti di carta pergamena verde con filettature decorative d’oro. Ogni tubo è leggermente più largo del tubo sottostante, e i vari tubi possono quindi scorrere uno sull’altro. Secondo l’estensione data al microscopio, se ne modificava il potere ingrandente (indicato sui bordi dei vari tubi dai numeri I, II, III, IV).

La parte inferiore del corpo del microscopio porta una spirale di cartone, rivestita anch’essa di pergamena verde, il che permetteva di avvitare il corpo del microscopio nel cilindro di cartone fissato al treppiede in ottone. Era così possibile mettere a fuoco l’oggetto da osservare, alzando e abbassando l’intero microscopio.

L’oculare, costituito da una lente biconvessa, è incastonato in una montatura di legno fissata vicino all’estremità superiore del microscopio ed è protetto da un tappo di legno filettato. L’obbiettivo, consistente anch’esso in una lente biconvessa, è invece montato in un piccolo tubo di ottone fissato sotto il microscopio. Su questo piccolo tubo, filettato all’esterno, poteva essere avvitato un altro tubo, ora perduto, che fungeva da porta-oggetti.

Il presente microscopio potrebbe corrispondere al modello proposto da Divini negli anni 1660, anche se manca l’innovativo sistema oculare proposto in quegli anni da Divini, costituito da due lente piano-convesse toccantisi dalla parte convessa. Precisiamo peraltro che il microscopio fu probabilmente ritoccato nel Settecento, visto che Poleni lo descrive, al momento dell’acquisto, come “nè vetri rotto”.

L’autore di questo microscopio, Eustachio Divini (1610-1685) fu uno dei più grandi costruttori di strumenti ottici nell’Europa del Seicento. Nato a San Severino Marche, si stabilì a Roma intorno al 1646, dedicandosi da quel momento alla lavorazione di lenti e alla realizzazione di strumenti ottici, e acquistò poco a poco una solida fama. Le innovazioni proposte da Divini nel campo della microscopia furono citate da famosi autori del Seicento, quali C.A. Manzini e G. Schott, e rilevate in riviste prestigiose, quali le “Philosophical Transactions” della Royal Society di Londra. Sia Marcello Malpighi (1628-1694) che Francesco Redi (1626-1697) utilizzarono microscopi costruiti da Divini per le loro osservazioni.

 

 

Sofia Talas, Giulio Peruzzi, GianAntonio Salandin, Fanny Marcon