Settembre 2013 – Macchina elettrostatica portatile a globo
Macchina elettrostatica portatile a globo
firmata “Ant° Fabris Dilettante in Bovolenta”; circa 1765
Legno, vetro, ottone; 85 x 35 x 37 cm
N° Inv. 588
- Macchina elettrostatica portatile a globo
- Macchina elettrostatica portatile a globo – dettaglio
- Esperimenti classici di elettrostatica del Settecento, Nollet, 1764
- Esperimenti di elettrostatica settecenteschi, Watson, 1748
L’effetto ambra – ossia il fatto che l’ambra, strofinata, attiri oggetti leggeri – era già noto nell’Antichità e venne associato per secoli all’attrazione magnetica. Girolamo Cardano per primo, a metà Cinquecento, colse delle differenze fra i due fenomeni, ma furono le ricerche di William Gilbert, all’inizio del XVII secolo, a costituire il primo fondamentale passo nella storia dell’elettricità. Gilbert stabilì infatti ulteriori differenze fra l’effetto ambra e l’azione dei magneti, ma mostrò soprattutto che altri corpi, se strofinati, diventavano attrattivi. A partire dalla parola greca “ambra” (electron), lo stesso Gilbert coniò il termine generico di “elettrico” per definire i corpi che si comportavano come l’ambra, e lo studio di queste sostanze, “l’elettricità”, diventò in quegli anni un ramo a sé stante della conoscenza. Diverse teorie riguardo i fenomeni elettrici vennero proposte nel corso del Seicento e progressi significativi si riscontrarono poi con l’inizio del Settecento. I lavori di Francis Hauksbee innanzitutto, nei primissimi anni del XVIII secolo, aprirono la strada agli ulteriori sviluppi. Sulla scia dei propri esperimenti sull’elettroluminescenza, Hauksbee si dedicò infatti allo studio dell’elettricità introducendo nuovi dispositivi sperimentali. Invece di strofinare ambra o gemme, utilizzò dei cilindri di vetro cavi o pieni, decisamente più efficaci, che diventarono i generatori elettrici standard fino agli anni 1740. Hauksbee ideò inoltre un apparato in cui un globo o un cilindro veniva messo in rotazione mediante una manovella e una puleggia e strofinato con le mani. Come notò lo stesso Hauksbee, questo dispositivo in sé non era più efficace dei cilindri strofinati manualmente, ma esso costituisce l’archetipo delle macchine elettrostatiche a strofinio la cui popolarità esploderà, come vedremo, negli anni 1740, quando nuove scoperte permetteranno l’introduzione di alcuni importanti perfezionamenti.
La prima di queste scoperte, la principale nell’ambito dell’elettricità dopo i lavori di Gilbert, avvenne nel 1729 ad opera di Stephen Gray, il quale mostrò che l’elettricità ottenuta per strofinio poteva essere “comunicata” ad altri corpi, anche a sostanze che non era possibile elettrizzare per strofinio quali i metalli. Diventarono famosi tra l’altro gli esperimenti svolti da Gray con un fanciullo sospeso per mezzo di fili di seta che, elettrizzato per “comunicazione”, attirava oggetti leggeri. Gray realizzò inoltre i primi esperimenti di trasmissione dell’elettricità a distanza lungo un filo conduttore. A partire dal 1733, gli esperimenti di Gray vennero ripresi da Charles François de Cisternay Dufay che iniziò col generalizzare e formalizzare i risultati dello studioso inglese, per poi portare a sua volta contributi fondamentali. Fu Dufay a mettere in evidenza per la prima volta in modo chiaro la repulsione elettrica e la sequenza “attrazione, quindi comunicazione dell’elettricità ed infine repulsione”. Dufay scoprì inoltre che esistevano “due elettricità”, ossia due tipi diversi di elettrificazione secondo le sostanze. Alcune di queste, strofinate, si comportavano come il vetro ed altre come la resina, da cui il nome di elettricità vitrea o resinosa; due corpi con la stessa elettricità si respingevano mentre due corpi con elettricità diverse si attiravano. Fu infine Dufay ad evidenziare per primo la scintilla elettrica e lo shock provocato da questa sull’uomo.
Malgrado le clamorose scoperte di Gray e di Dufay, l’interesse per l’elettricità rimaneva comunque limitato in quel periodo ad una cerchia piuttosto ristretta di specialisti. Due avvenimenti dovevano ribaltare la situazione negli anni 1740, rendendo addirittura l’elettricità più popolare della quadriglia, come scrisse un autore dell’epoca. Vi fu da una parte l’invenzione della bottiglia di Leida, di cui parleremo più avanti, e venne d’altra parte proposto da due studiosi tedeschi, Christian August Hausen e Georg Matthias Bose, di riprodurre gli esperimenti di Gray e di Dufay con il dispositivo a globo rotante di Hauksbee, strofinato con le mani e corredato da un “collettore” isolato cui veniva comunicata l’elettricità del globo di vetro. Questo collettore poteva essere una persona isolata da terra oppure, come suggerito da Bose, poteva consistere in una spada o in una semplice sbarra metallica sospesa mediante fili di seta. La carica veniva così raccolta ed utilizzata efficacemente per qualsiasi esperimento. Il successo fu clamoroso. Non solo si poterono ripetere facilmente le esperienze ormai classiche, ma ne vennero proposte numerose altre, straordinariamente spettacolari, possibili grazie alle tensioni più alte fornite dal nuovo generatore. Molte delle dimostrazioni ideate in quel periodo rimasero in auge fino alla fine del XIX secolo. Le macchine elettrostatiche a strofinio diventarono così, a partire dagli anni 1740, estremamente popolari e ne vennero proposti svariati modelli che intendevano essere sempre più maneggevoli e potenti. Coesistettero nel Settecento generatori a globo, a cilindro o a disco, con la predominanza di alcuni tipi di macchine rispetto ad altri secondo i paesi. Un ulteriore nuovo elemento consistette nell’introduzione di cuscini per strofinare il vetro al posto delle mani, il che rendeva le macchine più pratiche senza però aumentarne la potenza. Fino agli anni 1760, molti studiosi preferirono quindi continuare nell’impiego delle mani ma i cuscini, la cui consistenza venne studiata e perfezionata, finirono per imporsi poco a poco in tutti i generatori. L’interesse per l’elettrostatica, la quale aveva conosciuto anni d’oro nel Settecento, diminuì sensibilmente con l’invenzione della pila all’inizio dell’Ottocento. I generatori a strofinio rimasero però largamente in uso nell’ambito della didattica e continuarono a costituire parte integrante dei laboratori di fisica. Alcuni modelli nuovi, particolarmente efficaci, quali il generatore a getto di vapore di Armstrong o la macchina a disco di Winter, vennero ancora ideati negli anni 1840-1850, ma si trattava degli ultimi rappresentanti del genere. Da lì a poco subentrarono infatti le macchine elettrostatiche ad induzione, nuovi generatori in grado di produrre alti voltaggi in modo decisamente più efficace.
Il globo di vetro della macchina conservata presso il Museo, munito di due ghiere di ottone, è sostenuto da due montanti in ottone fissati su una base di legno. In uno dei montanti è inserito un sistema di ruote dentate collegato allo stesso globo. La manovella laterale, mediante questo sistema, comunica al globo una maggiore velocità di rotazione. Una striscia di ottone, cui era in origine fissato un cuscino ora mancante, parte dalla base della macchina e arriva vicino al globo. Mediante una vite si può variare la posizione della striscia per modificare la pressione esercitata dal cuscino sul vetro. Secondo il catalogo di Colombo la macchina, acquistata nel 1766, venne costruita “sul modello dell’ultima venuta d’Inghilterra che fa girare il globo di vetro per mezzo di ruote dentate per rendere più veloce il moto.”
Sembra che i generatori di questo tipo vennero inventati intorno al 1760 in Inghilterra. Peter van Musschenbroek descrisse infatti nel 1762 una macchina molto simile, anche se munita di un cilindro e non di un globo, presentandola come un’invenzione inglese, e l’esemplare da lui posseduto personalmente venne descritto nel 1761 come “il più recente modello inglese”. Joseph Priestley nel 1767 accennò anche lui ad uno di questi generatori, evidenziandone i pregi e i difetti che presentava rispetto ad un altro modello, molto più diffuso, in cui il sistema a ruote dentate e la manovella erano posti sotto il globo.
Sofia Talas, Giulio Peruzzi, Fanny Marcon
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